S. MESSA CRISMALE 2004

07-04-2004
OMELIA DELLA S. MESSA CRISMALE

Cattedrale, 7 Aprile 2004

 

Fratelli e sorelle,

torna a raccoglierci questo giorno santo e benedetto, il “dies natalis calicis”. Da ogni latitudine della Diocesi conveniamo oggi, in quest’arca di pietra della Nuova Alleanza che è la nostra Cattedrale.

La Chiesa di Volterra ricompone anche visibilmente la sua unità attorno al Vescovo: Sacramento personale di Gesù Cristo, unico Pastore e Vescovo delle anime nostre.

Saluto con cuore di fratello e di figlio il Vescovo Mons. Ovidio Lari, venerato ed amato dalla nostra Chiesa non solo per la lunghezza dei giorni, ma per la luminosità della dottrina e l’austera esemplarità della vita. Saluto Mons. Vasco Giuseppe Bertelli che torna in questo giorno solenne a dirci, con la sua affettuosa presenza, la dedizione, l’amore profondo, il generoso servizio con cui continua ad accompagnare il cammino di questa Chiesa che è stata e rimane la “sua”.

Saluto i Sacerdoti che in questo anno ricordano una ricorrenza particolarmente significativa del loro servizio ministeriale: Don Carlo Gronchi che celebra il 25° di Ordinazione Presbiterale e Don Alessandro Biagetti che vive il suo primo anno da prete. Ad essi e, per loro tramite, a tutto il Presbiterio presento la gratitudine e la gioia di questa Chiesa di Volterra nel riconoscersi amata e benedetta dal Signore nella vita e nel servizio dei suoi preti.

Ricordiamo in questa celebrazione che raccoglie l’intero Presbiterio Diocesano attorno all’olio fluente della grazia sacramentale, i fratelli assenti per motivi di anzianità, di malattia o di servizio altrove svolto a favore della Chiesa.

Ricordiamo con commozione ed affetto i due fratelli che ci hanno lasciato dall’ultima Messa Crismale: Don Giovanni Giubbolini  e Mons. Sandro Gazzarri; in  loro l’olio della grazia si è trasformato in  luce della gloria. Sono il Presbiterio della Chiesa Volterrana ricomposto nel cielo, sono i servi fedeli entrati nella gioia del loro Signore.

Saluto i Religiosi e le Religiose come fratelli e sorelle che fanno brillare davanti ai nostri occhi la bellezza del Vangelo e la preziosità di Gesù Cristo, sempre rammentando al cuore della Chiesa che l’ultima decisiva identità del Cristiano è quella radicale del discepolo.

Saluto i Seminaristi, dono prezioso del Signore a questa nostra Chiesa, conforto del nostro oggi e speranza del nostro domani.

Saluto voi, sorelle e fratelli Laici, consacrati nel Battesimo e chiamati a vivere il Vangelo e l’appartenenza al Signore nella vita familiare, professionale, sociale. In voi riconosco e saluto il buon seme che Cristo continua a gettare a piene mani nei solchi del tempo, il popolo che Egli continua  a radunare intorno a Sé, da un confine all’altro della terra, perché offra al Suo Nome il sacrificio perfetto di una vita santa. In voi indico le nuove risorse per la Missione, per tornare a parlare di Gesù Cristo, a raccontare il Vangelo alla mente ed al cuore di una vita ormai post-cristiana.

Come sempre ho fatto in questi brevi anni, è soprattutto a voi e con voi Sacerdoti che vorrei mettermi in compagnia del Vangelo che ci è stato annunciato.

All’inizio della vita pubblica, Luca ci presenta Gesù mentre entra in giorno di Sabato nella Sinagoga, si alza, prende il rotolo delle Scritture e lo apre.

E già vorrei fermarmi, cari amici, fratelli nel Sacerdozio Ministeriale. Il gesto che Gesù compie non è banale né casuale e l’Evangelista Luca ne è ben avvertito: egli sembra seguire dettagliatamente, quasi scandire quei gesti, fino a consegnarceli, non per puntigliosità cronachistica, ma per aprirci al messaggio, per renderci possibile l’accesso: quei gesti devono entrare in noi e noi in loro.

Gesù “si alzò”, “sorse”, è lo stesso verbo che Luca userà nella luce mattinale di Pasqua per indicare l’evento della Resurrezione. Gesù “aprì” le Scritture: è ancora il gesto che Egli compì facendosi compagno del crepuscolare cammino dei due verso Emmaus, ed a loro “aprì” le Scritture ed “aprì” il cuore perché le comprendessero.

Cari fratelli nel Sacerdozio, anche noi stasera abbiamo “gli occhi fissi su di Lui” mentre Egli si alza, prende il rotolo delle Scritture, lo apre e dichiara adempiuta la Parola che abbiamo udito con i nostri orecchi.

Colui che incontriamo stasera, Colui che nella fede vediamo è il Cristo Risorto, sorgente, motivo e contenuto del nostro Sacerdozio. Egli è colui che apre il rotolo, senza di Lui chiuso e sigillato.

Fratelli miei, noi preti non abbiamo altro modo di intendere e di capire noi stessi se non per riferimento a Lui, alla persona di Gesù. Egli è il mistero di Dio dissigillato ed offerto all’incontro. Egli è la Parola uscita dall’eterno silenzio del Padre. Egli è l’alfabeto che solo può sillabare e dare comprensibilità alla nostra vita di preti.

Quante volte, fratelli miei, siamo come un rotolo avvolto su se stesso, sigillati a noi stessi, incomprensibili agli altri!

Finché tu prete cerchi di capirti e di spiegarti partendo dai tuoi sentimenti e stati d’animo, sei rotolo sigillato.

Finché cerchi di capirti e di giustificarti partendo da letture sociologiche o culturali, sei rotolo sigillato.

Finché cerchi di capirti e di spiegarti muovendo da tradizioni, costumi, codici e norme, sei rotolo sigillato.

Finché cerchi di capirti e di spiegarti, guardando ai risultati che ottieni, sei rotolo sigillato.

Finché cerchi di capirti e di motivarti con la presenza di un’altra creatura nella tua vita, sei rotolo sigillato.

Finché cerchi di capirti e di giustificarti per opposizione, amarezza, polemica, sei rotolo sigillato.

“Egli si alzò, aprì il rotolo e lesse”: è solo Lui, il Signore Risorto, volto amabile di Dio nella nostra storia, cuore aperto del Padre sulla nostra vita, che può dissigillarci, aprirci, sillabare la nostra vita di preti svelandola come capolavoro di agape e di felicità.

Finché non guardiamo a Lui con gli occhi ardenti della fede che trascinano e lanciano cuore, mente e corpo verso l’incontro, saremo dei tiepidi e dei mediocri, saremo simulacri o simulanti.

Finché non accetteremo di lasciarci gettare dentro la fornace sette volte ardente dell’agape di Dio, resteremo sempre tristi, musoni e mugugnanti; al massimo allegri o buontemponi, ma comunque esuli dalla terra della nostra felicità.

E la gente continuerà a guardarci, a condannarci od a capirci, poco importa, ma sempre comunque a costatare che un vero prete, innamorato e felice, è roba che non c’è!

“Si alzò, aprì il rotolo e lesse”. Ecco l’appello segnato in questo giorno ed in questa Messa Crsimale, inciso fin nel profondo del nostro cuore di preti: riconsegnamoci radicalmente a Gesù, il Signore, lasciamo che Lui apra la nostra vita, che Lui sillabi le lettere della nostra felicità, perché Lui è la nostra vita, Lui è l’amato, Lui è per sempre la nostra sola felicità.

“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore”.

Il testo di Isaia che Gesù proclama nella Sinagoga di Nazareth, collocato da Luca all’inizio della vita pubblica, è inteso come la sintesi, il programma dell’intera vicenda di Gesù.

Il Suo parlare, il Suo agire, la Sua stessa persona sarà il compimento di quella Scrittura, l’attuazione di quella Parola.

In tal modo Gesù interpreta e spiega la Scrittura: vivendola; così Egli la realizza: non adattandola, ma attuandola.

Fratelli miei, essere Presbiteri, noi lo sappiamo, significa essere, insieme, maestri e servi del Vangelo. Ma né il servo né il maestro è un padrone: tutti siamo sotto questo giogo dolce e questo carico leggero che è il servizio alla Parola.

Allora lasciamoci consegnare dal brano di Luca questa verità elementare ed alta: l’ultimo e più credibile magistero che noi possiamo rendere al Vangelo è la Santità. Come Gesù interpreta la parola profetica di Isaia con il Suo ministero e la Sua vita, così anche noi preti rendiamo alla Parola l’ultimo e più credibile servizio diventando quella Parola che annunciamo, dando vita al Vangelo con i luoghi ed i giorni del nostro vivere.

Questa è la più convincente delle interpretazioni, la più chiara delle spiegazioni: la nostra vita di preti, il diventare preti santi. Non attardiamoci altrove, non divaghiamo in periferia.

Ed in questa Messa Crismale, in questo giorno che genera il servizio sacramentale della Chiesa nel mondo e perciò costituisce e fonda l’unità presbiterale attorno a Cristo, Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, il Vescovo desidera riconoscere il dono di Dio a questa Chiesa di Volterra, segnato nella persona e nella vita dei suoi preti.

Vi ringrazio, cari fratelli, per il modo esemplare con cui portate il “pondus diei et aestus”; vi ringrazio per la vostra fedeltà umile e quotidiana nel servire il corpo umile del Signore che è la Chiesa; vi ringrazio per la serietà e la costanza con cui vi fate servi dei fratelli per amore di Lui che è stato in mezzo a noi come Colui che serve. Vi ringrazio per il dono e la fatica dell’obbedienza di cui molti tra voi hanno dato prova esemplare in questi mesi, accettando di riconoscere nella richiesta del Vescovo un segno del progetto del Signore su questa Chiesa di Volterra. Ad altri ancora dovrò chiedere questa disponibilità sofferta e generosa, confidando di trovare comprensione ed accoglienza per amore di Gesù Cristo.

Vi ringrazio per quanto siete capaci di amare le persone a cui siete inviati e per quanto siete capaci di amarvi tra voi. Non dimentichiamo mai che all’amore appartiene essenzialmente il perdono ed il servizio.

E tutti insieme, Laici, Religiosi e Presbiteri, in questo giorno santo in cui Cristo, unto di Spirito Santo, fa scaturire la sorgente dei Sacramenti per la santificazione della Chiesa nel tempo, presentiamoci al Signore con la gioia umile dei redenti, presentiamo al Signore questa nostra Chiesa di Volterra, frutto e prezzo del Suo sangue, perché possiamo diventare noi il Suo canto di lode: “A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il Suo sangue, che ha fatto di noi un regno di Sacerdoti per il Suo Dio e Padre, a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen”.