OMELIA DEL GIORNO DI NATALE 2004

25-12-2004
OMELIA DEL GIORNO DI NATALE 2004

Cattedrale, 25 Dicembre 2004

 

Il giorno del coraggio

 

Se dovessi scegliere, nel breve spazio di una parola, il senso di questo giorno, direi così: Natale, il giorno del coraggio.

Attorno a noi tanta apparente dolcezza, tanto facile sentimento, emozioni anche belle ma tanto pervasive quanto superficiali: in realtà la festa del Natale è cristianamente “dura” perché tocca, per così dire, la radice di Dio e la radice dell’uomo. Natale è il giorno del coraggio.

Il coraggio di Dio, prima di tutto.

L’abbiamo inteso nel Vangelo di Giovanni: “la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” ed ancora “Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”.

Ecco il coraggio di Dio, la Sua volontà di calarsi in una storia che ha disperato bisogno di Lui, eppure gli resiste e si recinge nello spazio del rifiuto. Ecco il coraggio di Dio, la Sua capacità di rimanere fedele alle persone, di guardare con intensità di amore al nostro destino anche quando noi, con sufficienza, volgiamo altrove lo sguardo e ci riteniamo despoti solitari del nostro vivere. Il coraggio di Dio, che la festa del Natale custodisce e racconta, è in questo Suo “raggomitolarsi” per entrare nel seno di una creatura, Maria; è in questo Suo “raggomitolarsi” per abitare, come un piccolo, il cuore della storia e la radice della mia vita.

Ma il Natale, al di là dei climi caramellosi o della melassa dei buoni sentimenti, è il giorno del coraggio anche per noi.

Il Natale cristiano è anzitutto il tempo ed il luogo in cui siamo chiamati ad una fede radicale. Al cammino di Dio che viene incontro a noi, che diviene Emmanuele, il Dio-con-noi, risponde la nostra strada che si allontana dai propri smarrimenti e dalle proprie solitudini per diventare a Lui risposta e sequela.

In un giorno come questo noi diventiamo credenti. Non di una fede sbucciona, sbuffata e stenta, ma di una fede tenace, abbarbicata su Dio, appassionata di Lui. Una fede che diventa necessariamente e naturalmente preghiera: nell’ascolto della Sua Parola che è l’Evangelo, nello spezzare il Suo pane che è l’Eucarestia, nel volgere a Lui lo sguardo dal di dentro delle nostre giornate, spesso visitate dalla fatica, dalla delusione, dalla sofferenza.

Ci vuole coraggio ad essere credenti, ad essere Cristiani, sorelle e fratelli miei. Ci vuole coraggio non a compiere saltuariamente qualche vago gesto religioso od a provare qualche generico sentimento religioso, ma a credere fino a fidarsi di Dio più che di se stessi, a credere fino ad affidarsi a Lui più che alle nostre logiche di autosufficienza. Ci vuole coraggio a pronunciare il “sì” della fede e ad imboccare la strada lunga ed erta del Vangelo resistendo al canto delle sirene che sono le soluzioni facili, la legge del branco e la vita come viene. Ci vuole coraggio a rimanere credenti, cioè a decifrare con l’alfabeto dell’amore anche la solitudine, l’amarezza ed il dolore.

Natale è il giorno del coraggio anche per noi, dicevamo, il coraggio di credere ed anche il coraggio di amare.

Perché il Natale, guardando al Verbo incarnato di cui ci parlava il Vangelo di Giovanni, chiede ad ogni Cristiano di stare con amore dentro la storia, con amore dentro la vita. Non è facile vivere sillabando l’alfabeto dell’amore. E’ più facile l’alfabeto dell’indifferenza, dell’arroganza, l’istintività dei sentimenti o delle reazioni.

Non è facile stare come Chiesa, come Comunità Cristiana dentro la storia, dentro questo tempo e questa umanità che ci è provvidenzialmente toccata in sorte. E’ più facile fuggire, è più facile arroccarsi, è più facile essere una Chiesa che condanna e che giudica, è più facile rifugiarsi nella viltà e nella mediocrità di gruppi chiusi piuttosto che vivere “esposti” al tempo ed al mondo. E’ più facile ridurre il Cristianesimo ad una dimensione intima e privata piuttosto che accoglierlo, come Gesù lo ha voluto, fermento nella massa e città collocata sul monte, per tutti nota e visibile.

Ci vuole il coraggio di amare per essere Cristiani oggi: il coraggio di amare questo tempo, la gente così com’è, il coraggio di amare la vita con le sue danze ed i suoi gemiti; ci vuole soprattutto il coraggio di amare Gesù Cristo ed il Suo Vangelo più di tutto, più della nostra stessa pelle.

Ecco, sorelle e fratelli miei, questo giorno del Natale, forse smarrito tra tanti messaggi che ci frastornano, forse soffocato sotto il peso di troppa esteriorità.

Natale: il giorno del coraggio.

Il coraggio di Dio che si “raggomitola” nel seno di Maria, che si fa piccolo nel nostro presepe, per venirci incontro e consegnarsi nelle nostre mani; il coraggio dell’uomo, il nostro coraggio, chiamati ad uscire sulla strada della fede incontro a Dio e sulla strada dell’amore incontro agli altri.

Che la grazia di questo giorno ci soccorra, ci rialzi, ci incammini serenamente sulla strada della speranza.