S. Messa del Crisma 2022

13-04-2022

Omelia s. Messa del Crisma, S.E. Mons. Roberto Campiotti

Basilica Cattedrale di Volterra, mercoledì 13 aprile

 

«Il Sacerdote appartiene a Cristo»

Essendo qui radunato il nostro bel presbiterio, credo sia un momento opportuno per ringraziare per la straordinaria accoglienza che ho ricevuto nel mio ingresso. Speriamo, con l’aiuto di Dio e del vostro, di essere all’altezza delle vostre aspettative; per questo ci affidiamo al Signore e alla sua grazia. Abbiamo appena sentito, lo «Spirito Santo del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione». Sono parole che Gesù dice di se stesso, infatti queste sono parole che parlano di Cristo, narrano la vita e l’opera di Cristo. Tuttavia, sappiamo che Gesù, pontefice sommo ed eterno, non ha considerato questo suo stato di consacrazione come un suo bene esclusivo e incomunicabile. Certo il Signore Gesù, essendo il figlio di Dio, era pienamente adeguato e sufficiente a compiere l’opera di santificazione, affidatagli da Padre, che ci riguarda, ciascuno personalmente. Per compierla egli era sufficiente, ma ha deciso di associare a sé, con «affetto di predilezione», come recitiamo nel prefazio per l’ordinazione. Una preferenza affettiva straordinaria, che ci riguarda. Egli ha scelto di associare a sé una schiera di collaboratori, «dispensatori dei santi misteri, perché in ogni parte della terra sia offerto il sacrificio perfetto e, con la parola e i sacramenti, si edifichi la Chiesa, comunità della nuova alleanza e tempio della divina lode», come recitano ancora le parole del prefazio dell’ordinazione. Per questo, in Cristo, anche ciascuno di noi deve dire: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione». E qui mi rivolgo ai sacerdoti, ma credo che ci possa riguardare tutti perché sapete così che cosa dovete chiedere nella preghiera da compiere per i vostri preti. All’origine del nostro sacerdozio, che come si dice è un «sacerdozio derivato», sta lo stesso Spirito, quello Spirito che è all’origine del sacerdozio di Cristo, che è un sacerdozio inderivato, unico. Lo stesso Spirito che ha unto Cristo è stato posto in ciascuno di noi perché noi fossimo la presenza reale del sacerdozio di Cristo in mezzo al nostro popolo. Certo, noi siamo dei vasi di creta, però dentro portiamo un tesoro inestimabile, è il tesoro inestimabile della mediazione redentiva di Cristo. Per questo, oggi, noi che abbiamo ricevuto il sacramento dell’ordine siamo invitati non solo a ravvivare i nostri impegni e a rinnovare le nostre promesse, ma anche a riscoprire e riassaporare il gusto e la bellezza della nostra vocazione. Infatti, chi può dire «questo è il mio corpo» e «questo è il mio sangue»? Solo Cristo lo può dire. Ma il Signore, nella vocazione al sacerdozio ci ha dato questo compito, il compito di celebrare nel pane e nel vino il sacramento del suo corpo e del suo sangue. Questo è realmente il mistero del sacerdozio della Chiesa: noi, poveri esseri umani, a causa del sacramento dell’ordine possiamo parlare, facendo nostro, l’io di Cristo, il suo io. Possiamo agire, come si esprime in modo felice il linguaggio teologico tradizionale, «in persona Christi». E questo è straordinario! Gesù, dopo la sua resurrezione, ha voluto che il suo sacerdozio fosse esercitato attraverso di noi, che grave responsabilità che noi portiamo, perché ogni dono porta con sé una responsabilità. Allora, carissimi fratelli nel sacerdozio, per non perdere la coscienza di questo straordinario e commovente mistero, è necessario fare memoria del momento in cui il Signore ha posto le sue mani su di noi e ci ha fatti partecipi di questo mistero. Ognuno di noi va a quel giorno, quando il Vescovo ci ha imposto le mani. In quel momento è stato il Signore stesso che ha imposto le sue mani su di noi, e con questo gesto lui ha preso possesso di ciascuno di noi. Un’appartenenza già iniziata nel santo Battesimo, ma un’appartenenza nuova, con un compito specifico, da quel momento gli apparteniamo. Allora la descrizione della nostra identità, alla domanda: «Chi sei tu?», dovrei rispondere: «Io appartengo a Cristo». Quindi la descrizione della nostra identità è che noi siamo suoi, gli apparteniamo. Gli apparteniamo quindi con il compito di agire con Lui, e per Lui, per la salvezza dei nostri fratelli uomini. Questa è la nostra identità. «Chi sei tu?»… «Io sono uno che appartiene a Cristo per agire con Lui e per Lui per la salvezza dei nostri fratelli e delle nostre sorelle». Per questo, il giorno della nostra ordinazione, le nostre mani sono state unte con l’olio, che è il segno dello Spirito Santo e della sua forza. Il Signore che ci ha imposto le mani, ora vuole le nostre mani perché ora diventino nel mondo le sue mani. Come dire, che la sua azione dentro al mondo per la salvezza degli uomini, passa attraverso la nostra azione, di noi che gli apparteniamo. Nei momenti di fatica, nelle difficoltà e nelle delusioni, che ci sono nella nostra vita, non dimentichiamoci che, se noi gli apparteniamo, siamo anche sotto la sua protezione, siamo custoditi dal suo amore. E la sorgente della nostra forza, e della nostra sicurezza nell’esercizio del nostro ministero, prima ancora di ogni nostra dote o capacità, è la coscienza della nostra appartenenza a Lui. Oggi, chiedendo l’aiuto della preghiera dei nostri fratelli, mettiamo nuovamente a disposizione del Signore le nostre persone e preghiamolo di rinnovare in noi la coscienza di appartenergli e, con la forza del suo Spirito, di guidarci nuovamente nella totale disposizione alla sua volontà e alla missione che ci ha affidato. Chiediamo allora che si rinnovi la nostra amicizia con Lui, perché il significato profondo dell’essere sacerdote è diventare sempre di più nel tempo amico di Cristo. E per questa amicizia, dobbiamo impegnarci ogni giorno di nuovo. Sappiamo bene, dall’esperienza dell’amicizia umana, che essere amici vuol dire una comunione nel pensare, nel volere, di sentimenti e anche nell’agire. Per questo, dobbiamo usare tutti gli strumenti che la Chiesa, nella sua sapienza, ci offre per conoscere Gesù in modo sempre più personale. Solo così si può sviluppare l’amicizia con Lui, e solo così possiamo svolgere il nostro servizio sacerdotale per portare Cristo ai nostri fratelli. Carissimi, il nucleo del sacerdozio è essere amici di Gesù Cristo, un’amicizia che è appartenenza a Lui e definisce la nostra identità. Chiediamo insieme alla Madonna che ci metta in cuore il desiderio continuo dell’amicizia con il suo Figlio, chiediamo che ogni giorno avvenga di noi quello che Dio ha voluto chiamandoci al sacerdozio con la nostra vocazione. Soprattutto chiediamo che ci sostenga in ogni nostra tristezza e in ogni nostra apparente incapacità.

X Roberto, Vescovo