OMELIA DEL GIORNO DI PASQUA 2005

27-03-2005
OMELIA DEL GIORNO DI PASQUA

Basilica Cattedrale di Volterra

27 Marzo 2005

 

“Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro”.

Recarci ad un sepolcro è sempre, per ciascuno di noi, andare a toccare con mano la fine di una strada, lo spegnersi di un cammino. Il sepolcro è, nell’esperienza comune, l’insuperabile muro che fa di ogni strada un vicolo cieco, di ogni cammino un tracciato incompiuto, senza domani.

Eppure il sepolcro dinanzi al quale ci conduce questo mattino di Pasqua, è un sepolcro vuoto, ha una pietra ribaltata e rotolata via: è come se l’ultimo muro fosse stato sbrecciato e sfondato il vicolo cieco; è come se dopo l’ultima sera il cammino di una persona fosse approdato ad un nuovo insperato mattino.

Il sepolcro vuoto: ecco il centro di tutto l’annuncio evangelico, la sintesi e l’inarrivabile originalità di tutto il Cristianesimo.

Il sepolcro vuoto non significa lo sguardo distolto dalla morte, non significa la banalizzazione della morte o della vita attraverso successive reincarnazioni, non significa l’approccio stoico e sprezzante al morire. Il sepolcro vuoto, proprio perché sintesi di tutto l’annuncio cristiano, è come un simbolo che dobbiamo interpretare, un codice che dobbiamo decodificare.

Anzitutto il sepolcro: esso, come punto terminale della vicenda umana, dice l’ordinario tracciato della nostra vita: i giorni, i sentimenti, le lotte, le piccole o grandi meschinità di ciascuno, l’inevitabile patire e l’inesorabile morire. Il sepolcro indica la vita così com’è, magari anche tanto diversa da come la vorremmo noi, ma comunque la vita di ogni persona con quel suo inarrestabile consumarsi, con quella sete di gioia mai estinta, con quel desiderio di pienezza, di pace, di misura colma e traboccante cui sempre aneliamo e che mai riusciamo a raggiungere. Siamo noi, così come siamo, impasto di cielo e di fango, ma sempre, sempre, protesi all’attesa ed alla speranza. E’ la nostra vita, siamo noi, stamattina, qui.

Ma il sepolcro di cui ci parlava l’Evangelo di Giovanni, è vuoto. La sua pietra è stata ribaltata via: non è il sepolcro che attende la sua preda, è il sepolcro cui la preda è stata sottratta. Il sepolcro vuoto di cui parla il Cristianesimo è il sepolcro vinto, è la morte spazzata via! Ecco ciò che ci ha fatto vegliare in questa notte, ecco ciò che ci raccoglie stamani: il sepolcro vuoto, la morte spazzata via. Per questo l’Apostolo Paolo scriveva alla comunità di Roma: “Cristo è risuscitato dai morti e non muore più, la morte non ha più potere su di Lui” (6, 9), e l’Apostolo Pietro, parlando davanti alla famiglia pagana di Cornelio, afferma: “essi (i Giudei) lo uccisero appendendolo alla Croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno” (At. 10, 39 s.).

Sorelle e fratelli miei, questo è il centro della nostra fede, questo è il cuore irrinunciabile di tutto il Cristianesimo, questo è tutto quello che noi abbiamo da dire e da vivere oggi nel mondo: Cristo Risorto dai morti!

Messi dentro ad una storia dove si accrescono tragicamente i sepolcri delle violenze, delle diseguaglianze, degli oltraggi alla vita, noi portiamo con la forza inerme del Vangelo l’annuncio e la testimonianza del sepolcro vuoto, della morte vinta.

Messi dentro una vita, la nostra, dove resistono tenacemente i sepolcri dell’egoismo, dell’indifferenza, dell’insignificanza della fede, dell’evanescenza dei valori, noi incontriamo l’annuncio del sepolcro vuoto, il richiamo e la possibilità donataci di una vita che sappia finalmente volare negli spazi della libertà, del dono e del servizio. E’ quanto scriveva Paolo nella seconda lettura che abbiamo ascoltato: “Fratelli, se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo, assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra” (Col. 3, 1 s.).

Ma l’annuncio del sepolcro vuoto, della morte vinta, viene ad affidarci ancora un nuovo messaggio, quasi una sfida per noi Cristiani e per le nostre Comunità: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (Lc. 24, 5) domanda l’angelo alle donne nell’albeggiare di Pasqua.

E’ quanto dobbiamo chiederci in questo giorno di Pasqua, come in ogni altro giorno della vita. Il sepolcro vuoto ci dice che noi Cristiani non possiamo pensare a Gesù Cristo, al Vangelo, al Cristianesimo stesso con i verbi al passato. Gesù Cristo non è un ricordo, non è un rimpianto, non è la memoria tenera di una infanzia sempre più lontana, non ha il sapore buono delle cose antiche alle quali, di quando in quando, sentiamo ancora il bisogno di ritornare, come allo scaffale dei ricordi e dei buoni sentimenti.

Il sepolcro vuoto ci dice che Gesù Cristo è nell’oggi delle mie giornate e nel domani dei miei progetti e delle mie speranze. Il Dio cristiano “morde” il presente della vita, fa presa sulle tue scelte, sui tuoi contenuti, chiede di essere presenza nel giro delle cose che contano per te, di avere peso nei tuoi affetti e nelle tue scelte. Il sepolcro vuoto non ci consente di ridurre Dio ad accessorio, a soprammobile di una vita già costruita ed arredata senza di Lui, in cui Gli sia permesso di fare soltanto la comparsa rassicurante e protettiva. Ma il sepolcro vuoto ti indirizza anche verso il futuro dei tuoi progetti, delle tue speranze, di quali mete vuoi raggiungere, a quali orizzonti intendi volgere la tua strada. Il Cristo Risorto è la forza del tuo presente ed è la promessa e l’attesa del tuo futuro, Egli ha il volto ed il colore della speranza.

Ecco, sorelle e fratelli miei, la bellezza e la grandezza di questo giorno, di questo nostro sostare presso il sepolcro vuoto, simbolo della nostra vita e del Suo dono, della novità dirompente che Egli vi arreca, dell’orizzonte incontenibile di speranza che Egli le dischiude.

Che questo giorno di Pasqua alzi finalmente la coltre che ci soffoca il cuore, faccia rotolare via la pietra della nostra fede morta, anemica o intimidita e ci metta in corsa, come Maria di Magdala, come Pietro e Giovanni, verso il sepolcro vuoto, verso l’incontro con il Signore Risorto, sorgente e pienezza di tutta la nostra vita.