OMELIA DEL GIORNO DI PASQUA 2003

20-04-2003

Volterra, 20 aprile 2003

OMELIA DEL GIORNO DI PASQUA

 

“Non avevano ancora compreso la Scrittura, cioè che Egli doveva risuscitare dai morti” (Gv. 20, 9).

Con questa affermazione enigmatica e quasi smorzata, con questo tono certo non trionfalistico, si chiude il testo evangelico che ci ha annunciato stamani la Resurrezione di Gesù. L’espressione di Giovanni viene a dirci che gli stessi Apostoli rimasero sbigottiti ed interdetti dinanzi al sepolcro vuoto, non riuscivano a trovare dentro di sé l’alfabeto per interpretare quel fatto, erano spaesati e fragili dinanzi a quell’evento inaudito che accadeva dentro la loro vita e dentro la storia del mondo.

Avevano bisogno di comprendere la Scrittura per capire, avevano bisogno di consegnarsi nella fede alla Parola di Dio per decifrare l’evento che stava dinanzi ai loro occhi in quel mattino di Pasqua.

Cari fratelli e sorelle, mi chiedo con quale alfabeto, cioè con quale mente e quale cuore noi stiamo stamani nell’austera bellezza di questa Cattedrale, mi chiedo con quale comprensione e quale atteggiamento di vita noi sostiamo in questa festa di Pasqua.

Il giorno che oggi viviamo, la memoria che ci raccoglie custodisce dentro di sé la capacità di ribaltare la vita “accomodata” delle persone, di cambiare la storia amara del mondo. Dipende solo da noi: se vogliamo lasciarci appena sfiorare da questo evento, in modo da vivere una festa in più, provare ancora un’emozione, adempiere ad una abitudine o ad una convenienza del buon galateo spirituale: ma poi tutto ritorna come prima e la vita va avanti con i suoi “centri di gravità permanenti” che sono i soldi, il piacere, il potere, la rispettabilità di facciata, il successo ed il prestigio sociale. Oppure se vogliamo aprire alla festa di Pasqua le porte della vita, chiamarla a varcare l’accesso della nostra mentalità, delle nostre coscienze, dei nostri comportamenti, così che Essa entri dentro di noi, accada dentro la nostra persona e c’incammini sulla strada della fede e dell’agape, del credere e dell’amare.

Ecco perché mi chiedevo, poco fa, con quale alfabeto noi stiamo in questa Cattedrale, con quale alfabeto noi incontriamo l’evento della Resurrezione.

Non basta dunque l’alfabeto della buona abitudine, della generica religiosità, di una vaga emozione religiosa. Anche a noi, come agli Apostoli nel mattino di Pasqua, occorre l’alfabeto delle Scritture, cioè il codice della Parola di Dio per decifrare l’evento della Resurrezione di Gesù e, su quello, rileggere la nostra vita e la vita di questo tempo, quella storia del mondo che ogni giorno ci incide la pelle e ci solca l’anima.

Devo costatare, con preoccupazione, come il volto di Gesù si stia sempre più sfumando anche nella coscienza e nella comprensione di molti Cristiani, soprattutto nelle nuove generazioni. Si legge e si incontra Gesù con lo schema del fondatore di una Religione, come Maometto o Budda, lo si interpreta come un maestro di vita spirituale o di convivenza sociale, come un Gandhi, talora sembra avere le caratteristiche di un personaggio da “fiction” televisiva: è il deserto che avanza. Esso evidenzia che le nostre famiglie, gli adulti di oggi, ma anche le nostre Parrocchie faticano ad educare, ad incidere sulla conoscenza e sulla coscienza dei giovani, hanno il fiato corto nel raccontare chi è Gesù Cristo e cos’è una vita giocata sul Vangelo, perché quel volto e quel libro è sempre più evanescente dentro di noi, è sempre meno determinante nei contenuti e nello stile del nostro vivere. Così diventati nebbia noi adulti, non siamo certo capaci di consegnare chiarezze e consistenze alle nuove generazioni.

Colui che stamani noi incontriamo nella celebrazione dell’Eucaristia, Colui che ci raccoglie in questo giorno di Pasqua non è un “guru” né un riformatore sociale né un uomo di profonda illuminazione interiore: è infinitamente più di questo perché è semplicemente e stupendamente Dio!

E’ Dio che accoglie su di sé la nostra umanità ferita, è Lui che percorre le strade del nostro soffrire e del nostro morire, è Lui che abbraccia ogni solitudine, ogni disperazione, ogni violenza dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sul creato, e al termine dei nostri umani tracciati, là dove essi si rivelano vicoli ciechi, vicende perdute o strade smarrite, apre l’imprevedibile scorcio della Speranza, slarga le nostre notti nella chiarità di un nuovo mattino.

E’ dunque con l’alfabeto della Scrittura, cioè della Parola di Dio, che ci è chiesto di accostarci alla festa di Pasqua, alla memoria davvero “pericolosa ed esplosiva” che questo giorno custodisce e comunica!

Allora il modo vero che un Cristiano ha di “fare Pasqua” non è quello di partecipare ad una cerimonia in più, ad una festa in più per poi tornare a sprofondare silenziosamente nelle sabbie mobili della mediocrità, del conformismo al contesto sociale, dell’insignificanza della propria vita.

Ci diceva poco fa l’Apostolo Paolo “fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra” (Col. 3, 1s .).

Il modo vero che un Cristiano ha di “fare Pasqua” è quello di consegnare la propria vita a Gesù Cristo, di confessarlo e chiamarlo in verità Dio e Signore della propria vita. Il modo vero che un Cristiano ha di “fare Pasqua” è quello di scegliere il Vangelo come strada per il proprio cammino di ogni giorno; il Vangelo come strada e come stile nella vita familiare, nei rapporti sociali, nel tempo libero, nella vita professionale.

Scegliere il Vangelo, consegnare la vita a Gesù Cristo “senza se e senza ma”: senza i “se” dei nostri compromessi, senza i “ma” delle nostre mediocrità.

In questa luce dirompente di Pasqua ,in questo incontro della nostra vita, impaurita e ferita, con Cristo Risorto nostro Signore e nostro Dio, io Gli chiedo che sorga presto il mattino di una umanità ricomposta nella pace, di intelletti e coscienze innamorate dell’incontro e della preziosità della diversità, Gli chiedo che sorga presto il mattino di una Chiesa che cerca appassionatamente di essere Vangelo, semplice e pulito, dentro la vita della gente

Ed intanto, per me e per voi, chiedo che possiamo distogliere i nostri passi dalla via dell’indifferenza, della negazione, del peccato, per volgerli sulla via pasquale della Fede e dell’Amore.