Notte di Natale 2001

24-12-2001
Notte di Natale 2001

Carissimi fratelli e sorelle,

quanto lo avremmo voluto diverso questo Natale!

E’ il primo del nuovo millennio e, come ogni inizio, avrebbe dovuto avere gli occhi chiari e luminosi della speranza. Un Natale che ci parlasse, che ci promettesse nuove stagioni in questo lungo cammino che è la storia umana, inedite primavere nella vicenda del tempo.

Invece ci troviamo dinanzi un Natale drammatico, segnato dall’orrore del terrorismo, dalla guerra, dalla sofferenza innocente. Ci troviamo davanti un Natale che continua a raccontarci l’amara filastrocca delle ingiustizie, delle povertà, di un futuro negato, in cui una sempre più ampia parte dell’umanità affonda, mentre il piccolo club dei privilegiati, séguita a danzare il Valzer della propria sazietà, della propria indifferenza, della propria compiacenza.

E ripercorro stasera, con voi, le immagini che ci hanno accompagnato incontro a questo Natale drammatico: il massacro ignobile delle Torri Gemelle, le vittime ed i profughi nella popolazione civile dell’Afghanistan, la terra martoriata di Palestina là dove gli Angeli cantarono la pace e gli uomini gridano alto lo scempio della guerra. Per giungere a problemi di più modesta portata che però piagano questo nostro territorio: vorrei che non dimenticassimo stasera le quasi 90 persone licenziate dalla Società Chimica di Larderello, l’incertezza per il futuro che segna altre aziende importanti per la vita economica e sociale del nostro ambiente, lo sconcerto e la grave preoccupazione che cala sulle persone e turba la serena convivenza delle famiglie, velando la gioia stessa del Natale.

Di fronte alla vastità ed alla profondità di questi problemi non dobbiamo pensare al Natale come ad una nuvoletta rosa, quasi un limbo momentaneo e felice nel quale rifugiarci per difenderci dalla crudezza della realtà, dall’impietosità della cronaca e della storia, crogiolandoci nella dolcezza dei buoni sentimenti, come se fossimo dei risparmiati dal comune tormento. Il Natale Cristiano non è un’oasi felice, un dormiveglia cullato e protetto mentre fuori imperversa la vita.

Il Natale Cristiano è uno sguardo aperto, lucido, che percorre fino in fondo le pieghe della vita, le piaghe della storia, senza smarrire mai le ragioni della Speranza.

Il Natale Cristiano sono due occhi chiari che scrutano la notte.

Sono gli occhi di Dio che attraverso lo sguardo del Bambino di Betlemme torna a guardare la nostra umana vicenda, la nostra vita, non per condannarla e rigettarla, ma oggi come sempre, per accoglierla e farla Sua, pur gravida di contraddizioni, di amarezza, di fragilità.

Cari amici, dobbiamo lasciarci raggiungere da quello sguardo, perché è insieme tenero e terribile; dobbiamo lasciarci decifrare il cuore da quegli occhi per intendere che il dramma di questo Natale altro non è che la proiezione del nostro cuore sul grande schermo della storia, la fruttificazione venefica di un seme di morte che custodiamo dentro di noi.

Sono quegli occhi chiari, occhi di Dio nel Bambino di Betlemme, che possono leggerci “dentro” la nostra verità e possono raccontarcela con amore, per chiamarci a conversione; per dirci che tutta la storia umana, tutte le nostre vite saranno infinitamente ripetitive e monotone nei loro egoismi tragici, nelle loro indifferenze gelide, negli inutili sobbalzi emotivi che ci fanno sentire buoni e giusti di quando in quando, finché non ci decideremo a lasciarci sanare il cuore, a cambiare la nostra interiorità e la nostra radice malata.

Gli occhi chiari di Dio nel Bambino di Betlemme ci dicono che una società senza Padre è inevitabilmente una società senza fratelli, una umanità senza Dio finisce per essere un’umanità disumana, una vita senza valore di trascendenza cade vittima delle leggi più trite dell’immanenza, siano esse le crude leggi del mercato, della prepotenza nelle relazioni personali o sociali, dell’arroganza mascherata da pietà di chi presume decidere dell’inerme vita altrui.

Allora in questa notte, permettete che chieda con forza a me stesso, a questa città di Volterra, alla mia Chiesa: lasciamo che questi occhi ci raggiungano, che ci leggano dentro, che ci sanino il cuore. Non releghiamo fuori il Natale, nei presepi, negli alberi addobbati, nell’opulenza delle vetrine e delle mense; permettiamo al Natale di entrare dentro di noi, di accaderci dentro la coscienza e dentro l’anima, in modo che la nostra vita divenga Natale, la nostra persona e le nostre giornate divengano Betlemme: il luogo dell’incontro e dell’accoglienza a Dio che ci rende nuovi nella presenza di Gesù.

Ecco, ritorno a dire: il Natale sono due occhi chiari che scrutano la notte: gli occhi di Dio che cercano, che chiamano, che s’incontrano finalmente con i nostri occhi di uomini e li accendono di una luce nuova, la luce dell’essere figli, la gioia indicibile del diventare fratelli.