OMELIA DELLA NOTTE DI PASQUA 2003

19-04-2003

Volterra, 19 aprile 2003

OMELIA DELLA NOTTE DI PASQUA

 

Sorelle e fratelli carissimi,

è davvero unica la notte che stiamo vivendo: una luce si è accesa a vincerne il buio, un canto si è levato a spezzarne il silenzio. La luce è il cero pasquale, il canto è l’annuncio degli angeli alle donne “Gesù il Nazareno, il crocefisso: è risorto..!” (Mc. 16, 6). Perciò, quasi liricamente commentando lo straordinario evento che in questa notte è custodito e donato, il Preconio Pasquale canta:

 

O notte beata

tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora

in cui Cristo è risorto dai morti…

Il santo mistero di questa notte sconfigge il male,

lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori,

la gioia ai sofferenti.

Dissipa l’odio,

piega la durezza dei potenti,

promuove al concordia e la pace.

              O notte veramente gloriosa,

che ricongiungi la terra al cielo

e l’uomo al suo Creatore!

 

Sorelle e fratelli che ci raccogliamo nello splendore di questa Cattedrale, lasciamoci ancora raccontare quel fatto inaudito che ha sorpreso la storia, che sorprende stanotte la nostra vita e che l’Evangelo continuerà a proclamare di generazione in generazione sino alla fine del tempo: “Cristo è risorto, è veramente risorto!”. Non si tratta semplicemente di un tornare in vita, quasi ad avere un supplemento di giorni o di anni per poi morire di nuovo: si tratta invece della vittoria radicale sulla morte, si tratta del Suo approdo ad una vita che è pienezza, che è totalità, che non subisce più l’insulto del tempo, l’ombra tetra del patire e del morire; si tratta di quell’eterna traboccante primavera che è la vita della Trinità e che ora colma compiutamente anche l’umanità del Nazareno. Per questo abbiamo sentito S. Paolo che, nella Lettera ai Romani (6, 10), commentava “Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di Lui… Egli morì al peccato una volta per tutte, ora invece… vive per Dio”. Dio si è fatto carne nostra, ha percorso la valle oscura del nostro patire e del nostro morire, per aprire al cammino di ogni uomo la porta che accede alla vita inesausta di Dio.

Dio, unico innocente, ha preso sopra di Sé ogni nostra colpa, ha rivestito la tunica stracciata del nostro peccato, perché noi tutti fossimo rivestiti della Sua innocenza e potessimo indossare la bianca tunica dei figli.

Cari fratelli, amici raccolti nell’abbraccio di questa Cattedrale, sostiamo a lungo nella luminosità di questa verità, riposiamo il nostro cupo e solitario cammino nella gioia di questo annuncio, perché stanotte dobbiamo uscire nella città come uomini diversi, come persone nuove dobbiamo tornare alle nostre case ed alla nostra vita.

Siamo entrati in questa Chiesa provenendo dalla notte: non era notte solo fuori, era anche notte dentro. Siamo entrati portando la quotidiana pesantezza del nostro vivere, lo sgomento di questi nostri giorni segnati dalla violenza terroristica e dalla guerra, la tristezza del nostro peccato che ci fa egoisti, calcolatori interessati, talora cinici o almeno indifferenti verso gli altri. Siamo entrati portando la pochezza della nostra fede, che ci fa cercare Dio solo in alcuni giorni del calendario o nelle emergenze della vita, quando la paura, il dolore, lo sgomento bussano alla porta.

Ebbene da questa Chiesa, da questo incontro con il Cristo Risorto noi possiamo, dobbiamo uscire nuovi.

Era quello che tornava  a dirci S. Paolo “Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Lui perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato… Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rom. 6, 6-11).

Cosa significa essere viventi in Cristo Gesù? Cosa significa uscire stanotte come uomini nuovi da questa Chiesa?

Significa essere frammenti di Vangelo vivo, disseminato per le strade e nelle case di Volterra. Significa portare il gesto nuovo della preghiera, dell’unità, del servizio, del perdono dentro la vita personale, familiare, professionale. Voi non sospettate nemmeno quanto sia innovativa, quanto sia sconvolgente una persona che prega con fede, che perdona con misericordia, che serve con amore, dentro la vita normale. Voi non sospettate nemmeno quale forza di Resurrezione ci sia in una persona, in una famiglia che sa vivere il dolore, che sa affrontare la morte con nel cuore una speranza che è più forte del patire e del morire. Voi non avete idea di quanto una persona così, cioè un Cristiano vero, possa ribaltare le pietre dei sepolcri della paura, dell’ipocrisia, dell’indifferenza, della negazione. Una vita che ha incontrato il Risorto diventa suscitatrice di altre vite: non è più solo un piccolo punto di luce, diventa un tracciato di luce, una strada di luce proposta al cammino della città.

Ed è questa la consegna che il Vangelo ci fa stanotte: alle donne, impaurite e frastornate, che hanno veduto il sepolcro vuoto, l’angelo della Resurrezione dà una consegna: “ora andate e dite”! (Mc. 16, 7).

E’ questa adesso la nostra missione, l’affidamento che ci giunge da questa sosta nel cuore della città, nello spazio orante di questa Cattedrale. Dobbiamo “andare e dire”.

Andare vuol dire ritornare ai luoghi del nostro vivere, nel contesto umano della nostra esistenza. Certo noi andiamo, noi ritorniamo tra ciò che già conosciamo, a quello che da sempre abbiamo vissuto, ma adesso siamo nuovi noi, perché abbiamo incontrato il Risorto, abbiamo ricevuto in noi la forza della Sua vita nuova, portiamo in noi, nei solchi aperti della nostra vita, il germe della Resurrezione.

Andiamo e diciamo! Dire significa comunicare agli altri Colui che abbiamo incontrato, Colui che ci ha colmato e cambiato la vita.

Occorre “dire”, occorre comunicare la persona di Gesù.

Non cessa di stupirmi e di colpirmi lo strano silenzio dei Cristiani su Gesù Cristo. C’è un impressionante silenzio della nostra voce e della nostra vita su Gesù. E’ come se noi Cristiani improvvisamente diventassimo timidi, è come se noi Cristiani ci vergognassimo di Lui di fronte al mondo e dentro la città.

E’ il silenzio di chi tace e non pronuncia parola su di Lui, è il silenzio di chi non vive l’Evangelo e non pronuncia testimonianza con la propria vita.

E’ l’impressionante silenzio soprattutto di voi laici, che avreste il compito primo di portare la fede nella trincea della vita quotidiana, di farla diventare gesto, relazione, cultura, politica, economia, stile di società e di città, e troppo spesso rimanete desolantemente muti.

Ma col vostro silenzio è tutta la Chiesa di Volterra, Vescovo, Sacerdoti e laici, che deve verificarsi e misurarsi, da esso deve riconoscersi per intendere quanto intensamente ed urgentemente il Signore la chiami alla Missione, al servizio dell’evangelizzazione, verso chi è lontano, verso chi è marginale, verso chi sta imboccando la strada del dubbio, del disimpegno, della mediocrità.

“Ora andate e dite”! Così con gioia e speranza, con la forza che ci viene dall’incontro con il Signore Risorto, torniamo a prendere in mano il bastone del nostro viaggio nella vita, riprendiamo la strada di sempre in compagnia di tanti uomini e donne, sapendo che dobbiamo essere noi, con la nostra parola e con la  nostra vita, un dono di rinnovamento e speranza, un segno nuovo di Resurrezione per tanta gente.

“Ora andate e dite”! Riconsegnamoci alla vita di sempre, alle persone di sempre, ma sapendo che il Cristo Risorto cammina nel mondo con i nostri passi, vive nel mondo con la nostra vita.