OMELIA DELLA NOTTE DI PASQUA 2006

15-04-2006
OMELIA DELLA NOTTE DI PASQUA

Basilica Cattedrale, 15 Aprile 2006

 

Sorelle e fratelli carissimi, appena un grappolo di versetti, di frasi, per dirci, in questa notte, l’evento più decisivo della storia, l’annuncio più risolutivo della vita: “voi cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso. Non è qui, è risorto”.

Notate come questa frase accosti, in maniera che giudicheremmo paradossale, due termini reciprocamente repulsivi, inconciliabili: la morte e la vita, il Crocifisso e il Risorto. E questo non per fare letteratura né per creare increspature emotive sulla superficie dei nostri sentimenti, ma per consegnarci un fatto che è accaduto, una verità cui ti puoi affidare, un’attesa ed una speranza per il tuo futuro.

– Anzitutto un fatto che è accaduto: il Cristianesimo, fratelli e sorelle, non è un’idea, un sistema filosofico, una dottrina; esso è centralmente un fatto, un evento, esso è una persona. Il Cristianesimo è Gesù Cristo! La Sua vita, la Sua morte, la Sua Resurrezione. Noi non stiamo qui, in una notte come questa, a speculare sulle nostre idee od a scambiarci opinioni e riflessioni sull’uomo, sulla storia, su Dio. Non siamo né un circolo culturale, né un gruppo di amici, né un movimento, né una terapia di gruppo. Noi siamo qui, gente normale e comune, che porta il peso e le vicende di una normalissima vita, per incontrare e rivivere un fatto successo, una persona esistita, anzi un fatto ed una persona presente: Gesù Risorto dai morti, Figlio di Dio fatto uomo, nostro Redentore.

Questo ci diversifica da ogni filosofia, che è essenzialmente avventura del pensiero; questo ci diversifica da altre esperienze religiose come il Buddismo, pur così di moda oggi soprattutto negli ambienti delle borghesie cittadine, perché esso cerca essenzialmente l’armonia con se stessi e con il mondo attraverso il dissolvimento della personale identità nell’armonia cosmica, lo smarrimento di sé nel tutto cosmico; questo ci differenzia da quel flusso di cultura e di religione, così inafferrabile ma così pervasivo, perché suscettibile di infiniti adattamenti e ricettivo di molteplici esperienze religiose, che è la New Age dove, ancora una volta, l’uomo è fonte e produttore della propria salvezza intesa come personale armonia; ma questo ci differenzia anche da una delle più grandi religioni monoteistiche, l’Islam, in cui non c’è vero incontro tra Dio e l’uomo, perché Dio non è mai entrato nella storia umana, non è mai divenuto avvenimento, persona nella vita, non è mai stato nostro Redentore. Il Dio dell’Islam incontra l’uomo attraverso un libro, il Corano, manifestazione della sua volontà e promulgazione della sua legge, osservando il quale l’uomo può giungere alla vita beata.

Il Cristianesimo, cari amici, è di più, è vertiginosamente di più, perché esso è Dio che diventa carne e sangue come te, attraversa la geografia amara del nostro patire e del nostro morire, si consuma fino al sacrificio della vita in un dono di amore per la creatura incapace di amare, giunge a donarci la Sua vita divina, a rivestirci della dignità dei figli, ad accoglierci nella comunione di vita della Trinità Santa.

Ecco, ciò che il Vangelo ci ha annunciato, ciò che questa notte ci dona è anzitutto la realtà di un fatto accaduto: la Resurrezione, la concretezza di una vita, di una persona: Gesù Cristo.

– Ma questa notte, trasmettendoci la memoria di un evento, lo spessore di una persona, ci consegna anche una verità di cui ti puoi fidare, fino al punto di lasciartene guidare nella vita, fino al punto di viverla. La verità, oggi, per noi è Gesù Cristo. Quando noi diciamo “verità” intendiamo qualcosa che ci fa vivere, che ci chiede e ci dà amore, che rende bella, importante, piena di significato la mia vita. Senza questa verità le nostre vite sarebbero rami secchi, contenitori vuoti, sorgenti inaridite. Allora se io stasera chiedessi a ciascuno di voi: qual è la “verità” della tua vita, quali sono le “verità” che ti fanno vivere, che ti danno la gioia di esserci; credo che ciascuno di voi pronunzierebbe i nomi del proprio uomo e della propria donna, dei propri figli, di quei progetti e di quei sentimenti che danno significato e luce alla trafila dei giorni.

Ecco che cosa intendiamo noi Cristiani quando diciamo che Gesù Cristo è la nostra “verità”. Intendiamo che Lui è la nostra vita, che Lui è il respiro della nostra speranza, è la sorgente della nostra forza, è il motivo della nostra gioia, una gioia che non finirà. A questa verità noi ci affidiamo perché di questa verità noi ci fidiamo. Su Lui, nostra verità, sorelle e fratelli senza numero hanno giocato la vita, per Lui hanno sacrificato l’esistenza soprattutto in questo XX secolo che da poco si è concluso, perché hanno capito che la vita non è vita senza verità, che Gesù Cristo vale più della vita fisica perché Lui è la nostra vita per sempre, che è meglio morire per Lui piuttosto che vivere senza di Lui. Sono i fratelli e le sorelle martiri che hanno costellato questo XX secolo come le stelle punteggiano il cielo.

Dobbiamo ritrovarlo noi il coraggio e la forza di avere Gesù Cristo come “verità” della vita. Soprattutto in un tempo come il nostro in cui ci è chiesto, o forse solo suggerito, di pronunciarlo sotto voce quel nome e di arrossire un po’ quando lo diciamo, di ricordarlo solo quando siamo tra noi, di sentirci a disagio nel fare riferimento a Lui nella vita pubblica, nella politica, nella cultura, nella vita di società.

Dobbiamo ritrovare il coraggio e la forza di avere Cristo come “verità” della vita soprattutto in un tempo come il nostro in cui tutto è opinione, tutto è ipotesi, tutto è soggettivo e consegnato al “secondo me”, e dove sembra esserci un solo dogma, una sola indiscutibile verità, quella che non c’è verità!

– E finalmente una notte come questa ci consegna l’attesa e lo slancio verso il futuro. Cari amici, questa notte ci regala la speranza. Ce lo hanno detto i simboli all’interno dei quali ci siamo mossi: l’acqua e la luce. Ce lo ha ripetuto l’Exultet: questa poesia che scaturisce dal cuore della notte e che trasforma in canto tutte le nostre notti.

Cristo è il nostro futuro, è Lui la nostra speranza: il termine di ogni nostra attesa, l’esaudimento traboccante di ogni nostro desiderio, la consolazione del nostro gemito, il cessare del nostro pianto. Gesù Cristo, il Risorto, è la nostra speranza, è la nostra gioia, è l’orizzonte sul quale e verso il quale muove il cammino della nostra vita, con le sue quotidiane tappe, segnate da tanta fatica e da tanta pena.

In una stagione come la nostra, in cui le persone hanno paura di sperare, in un tempo caratterizzato da speranze fluide, prosaiche, di corto respiro, c’è un enorme bisogno di ritrovare in Cristo Risorto l’oggetto della nostra speranza, il motivo ed il fondamento dello sperare, l’esaudimento delle più decisive attese.

E che la nostra speranza ha nome Gesù Cristo dobbiamo saperlo dire con la vita, con le nostre scelte e le nostre rinunce, col nostro modo di percorrere le terre del canto e quelle del pianto, con la nostra capacità di non sprofondare nello stagno della mediocrità e dell’insignificanza spirituale.

Ecco il dono di questa notte, a ciascuno offerto, per noi tutti dato: Gesù Cristo Risorto, evento della nostra storia, verità della nostra vita, speranza per il nostro cammino.

Che il mistero di questa notte divenga nostro viatico, ci accompagni lungo la strada e sia culla e sorgente di luce per ogni nostro giorno.