Il mio programma pastorale è il Vangelo di Cristo

27-03-2022

Omelia inizio ministero nella Diocesi di Volterra di S.E. Mons. Roberto Campiotti

Basilica Cattedrale di Volterra, domenica 27 marzo 2022

 

«Il mio programma pastorale è il Vangelo di Cristo»

 

Eminenze, Eccellenze, carissimi sacerdoti e carissimi fedeli grazie per la vostra presenza.

Ora che sto per iniziare il mio ministero pastorale nella Chiesa di Dio che è in Volterra, la vostra presenza e la vostra preghiera mi sono di conforto ed è la Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato che rende esplicito il conforto e il sostegno che sentiamo in questo momento. Infatti, la parola dell’Apostolo, appena proclamata, ci insegna che tutta la forza dell’uomo, tutta la fecondità del nostro operare trae la sua origine dal nostro essere radicati in Lui: «Guardate a Lui e sarete raggianti» (Sal 34,6). Se uno in Cristo è una creatura nuova, guardiamo a Cristo. Perché «colui che non conosceva peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo suo giustizia di Dio» (2Cor 5,21). In Cristo in croce si rivela il vero volto di Dio, egli è un «Dio ricco di misericordia, lento all’ira e grande nell’amore» (Es 34,8). Non siamo noi a rendere raggianti i nostri volti, non siamo noi con le nostre deboli forze a renderci creature nuove. La sorgente di ogni bene è la misericordia di Dio, che è una persona: il figlio di Dio, Cristo. Perciò guardiamo unicamente Cristo, in questo momento. Il Cristo che dona se stesso sulla croce; il Cristo che offre il suo sangue per la remissione dei peccati, un’effusione sempre presente nella Chiesa attraverso la santa Eucaristia. Quell’evento è il centro di tutto, ciò in vista del quale tutto è stato creato e niente lo può o lo potrà sostituire. Partecipando a questo evento, attraverso la s. Messa, entriamo nella resurrezione e diventiamo creatura nuova. «Cristo nihil praeponere», niente dunque sia anteposto a Cristo nella nostra Chiesa, poiché niente deve essere anteposto alla rivelazione che il Padre, in Lui, ha fatto della sua misericordia. Solo la sua grazia sia la nostra forza, la nostra sicurezza, il resto non è importante. Ha affidato a noi la parola della riconciliazione: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Il Padre, in un disegno misterioso, ha voluto chiamare alcune persone ad essere il segno vivente del suo Figlio che dona se stesso sulla croce per la salvezza dell’uomo. Questa è l’identità della mia missione in mezzo a voi: in nome di Cristo siamo ambasciatori, per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Sono qui inviato da Cristo, sono in mezzo a voi nel nome di Cristo ed è a Lui che dovrò rendere conto. Non chiedetemi di essere altro o di fare qualcosa d’altro, se non essere ambasciatore di Cristo. Essere suo servo, segno del suo amore per ciascuno di voi, senza escludere nessuno. Servo di Cristo e del suo amore per la vostra salvezza, perché tutti possiate accogliere la grazia di Dio e essere creature nuove. Qualche giorno fa mi è stato chiesto: qual è il mio programma pastorale? Non ho alcun programma poiché il programma c’è già, ed è il Vangelo di Cristo. Solo esso dovrò annunciare, solo esso dobbiamo vivere, solo a Cristo e al suo Vangelo dobbiamo guardare e così essere raggianti. Che il Signore mi aiuti ad annunciarlo a tutti, ma specialmente ai giovani, che sono i prediletti perché i più fragili, i più deboli, i più bisognosi di essere amati, perché rinasca nel loro cuore il coraggio di vivere, una passione vera e indomita per l’esistenza senza compromessi, senza percorrere strade fuorvianti dal loro bene. La parabola evangelica, rappresentandoci il dramma profondo tra l’amore del padre e il peccato del figlio, esprime in modo straordinario, sia il bisogno che noi abbiamo della misericordia di Dio, sia l’essenza stessa della misericordia. Il figlio, che chiede al padre la sua parte di eredità e lascia la casa paterna, è come il simbolo dell’uomo di tutti i tempi, di ogni uomo, di ciascuno di noi. Riteniamo che sia nostro diritto ciò che è puro dono, pensiamo che essere liberi richieda di uscire dalla casa del Padre, pensiamo che essere liberi voglia dire autonomia, indipendenza. Il risultato,come è devastante per l’umanità del figlio della parabola, così è devastante anche per ciascuno di noi. L’uomo della parabola si riduce a nutrirsi dello stesso cibo delle bestie, e così è per l’uomo. Mentre i nutrimento dell’uomo è la verità conosciuta, è l’amore condiviso, è la giustizia vissuta; il cibo delle bestie è la verità come scaltrezza nell’adattamento alla situazione, è l’amore ridotto alla ricerca di piaceri lasciata all’istinto, è la giustizia come coesistenza di egoismi opposti. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci. Avendo rifiutato il suo essere figlio, l’uomo perde anche la sua dignità di uomo, ma se l’uomo può rifiutarsi di essere figlio, Dio però non può rifiutarsi di essere padre. Dio resta fedele alla sua paternità, cioè a quell’amore, a quella tenerezza che donava al figlio. Nel racconto di Gesù, questa fedeltà si esprime nella prontezza con cui accoglie il figlio che ritorna, e nella gioia con cui il figlio viene reintrodotto nella casa. C’è quindi un solo modo di uscire da questa situazione, in cui il figlio della parabola si è posto e in cui anche noi possiamo metterci. C’è un solo modo di uscire, perché c’è un solo modo di essere liberi: sottomettersi alla verità. E la verità sull’uomo non è un miraggio, che si cerca senza trovare mai; la verità esiste, si è fatta carne: è Gesù Cristo. Egli è la verità intera della persona umana, poiché solo in Lui l’uomo scopre chi è e qual è la sua destinazione finale e l’infinito valore di quel se stesso, che non può essere scambiato a nessun prezzo. Il ritorno del figlio perduto, comincia quando riprende coscienza della sua dignità e termina quando riscopre la tenerezza del padre, nell’abbraccio di un perdono, un perdono che non lo umilia ma lo esalta. L’avvenimento che risponde alle tante domande che noi portiamo nel nostro cuore, circa il senso della nostra vita, è questo incontro con Cristo, e in Cristo con il Padre che ci ama. La risposta è l’ingresso rigenerante della sua grazia nella nostra esistenza quotidiana. Ed è questa la ragion d’essere della Chiesa: essere il luogo in cui l’uomo incontra Cristo e la sua salvezza, perché Cristo è presente nella Chiesa, anzi la Chiesa è la presenza stessa nella storia, essendo la Chiesa la continuazione del mistero dell’incarnazione. Sono qui esclusivamente per questo: essere il ministro di questo incontro di salvezza; per celebrare con voi l’abbraccio della misericordia infinita di Dio con l’infinita miseria dell’uomo. Tutto il resto mi interessa, come vostro pastore, solo nella misura in cui o è necessario per preparare questo abbraccio della misericordia infinita di Dio o ne è una conseguenza. L’incontro del Cristo con l’uomo, questo è il cuore della Chiesa, tutto il resto è secondario. Ma in questo compito non sono solo. Il servizio a Cristo e all’uomo è affidato al Vescovo coadiuvato dal presbiterio. Carissimi sacerdoti, mi è impossibile pensare il mio servizio pastorale senza di voi. Tra noi, infatti, esiste un’unità che non è anzitutto di carattere disciplinare, ma è sacramentale, è mistico-sacramentale. Già conosco il vostro zelo, la vostra costanza nelle tribolazioni, le vostre fatiche, il vostro eroismo quotidiano, che spesso è conosciuto solo dal Signore. Non esitate a cercarmi quando avete bisogno del Vescovo!

Termino chiedendo ancora a voi, sacerdoti, religiose e religiosi, fedeli laici tutti, di aiutarmi con la vostra presenza e la vostra preghiera, perché possa essere per voi sempre esemplare, non desideri la prosperità della vita presente, non abbia paura delle avversità, possa disprezzare sempre le lusinghe di chi si ritiene potente in questo mondo, affidandomi sempre al conforto della presenza del Signore. Pregate perché sia sempre discreto nel silenzio quando necessario e utile nella parola; vicino a ciascuno con la compassione e più di tutti dedito a ricercare in ogni forma e in ogni circostanza il rapporto con il Signore. Pregate perché possa essere un alleato umile di chi fa il bene, ma nello stesso tempo inflessibile persecutore dell’errore e del male, ma ricco di misericordia con chi compie il male e vive nell’errore; che possa avere misericordia verso tutti.

La vergine Maria accolga sotto la sua materna protezione e tenerezza il mio episcopato tra voi, a lei lo affido. Tutto quello di cui abbiamo bisogno, lo chiediamo per sua intercessione e per intercessione dei nostri Santi patroni a gloria della Santa Trinità. Sia lodato Gesù Cristo.

 

+ Roberto, Vescovo